La tassa di soggiorno potrebbe aumentare, ecco di quanto

Il governo italiano sta considerando una riforma della tassa, estendendola a tutti i comuni e incrementando gli importi

La proposta prevede di estendere la tassa a tutti i 7.904 comuni italiani interessati, non più solo ai capoluoghi e ai comuni turistici. Inoltre, si prospetta un significativo aumento degli importi: per pernottamenti sotto i 100 euro, la tassa potrebbe essere fino a 5 euro, per stanze tra 100 e 400 euro fino a 10 euro, per sistemazioni tra 400 e 750 euro fino a 15 euro e un massimo di 25 euro al giorno per hotel di lusso con tariffe superiori a 750 euro a notte.

Un’altra novità è l’uso dei fondi raccolti, che potrebbero essere destinati non solo al settore turistico ma anche alla gestione dei rifiuti. Scopriamo insieme le possibili novità!

La tassa di soggiorno potrebbe aumentare: la reazione del settore turismo

La proposta ha già provocato forti reazioni nel settore alberghiero. Federalberghi, l’associazione che rappresenta gli albergatori italiani, si oppone fermamente alla misura.

Recentemente, il tetto massimo della tassa di soggiorno è stato aumentato del 40% per il Giubileo, passando da 5 a 7 euro per notte e per persona, e si è introdotta la possibilità di utilizzarla per coprire i costi della raccolta rifiuti, snaturando la sua finalità originale.

La tassa di soggiorno potrebbe aumentare, ecco di quanto
La tassa di soggiorno potrebbe aumentare, ecco di quanto | pixabay @fietzfotos – Ilserenissimoveneto.it

 

Con la nuova modifica, per una camera in un hotel a tre stelle al prezzo di 100 euro, si dovrebbero pagare fino a 10 euro per notte, raddoppiando di fatto il peso dell’IVA, che è del 10%.

In risposta, il Ministero del Turismo italiano ha cercato di calmare le polemiche, chiarendo che le trattative con le associazioni di categoria e altri attori istituzionali sono ancora in corso e continueranno a settembre per una possibile revisione della tassa di soggiorno.

Nel 2023, l’imposta di soggiorno ha generato entrate per 702 milioni di euro. Grandi città come Roma, che applica una tariffa media di 5,5 euro (aumentata a 10 euro per le strutture di lusso), hanno incassato oltre 100 milioni di euro all’anno da questa tassa.

Attualmente, l’imposta di soggiorno varia da 1 a 10 euro per notte a seconda della località e del tipo di struttura. Reintrodotta nel 2011 dopo vent’anni di abolizione, la tassa è stata adottata da molti comuni italiani. Ogni città deve approvare una specifica delibera per implementarla.
Tra le principali destinazioni turistiche che applicano questa tassa ci sono Milano, Roma, Firenze e Venezia. La tassa si applica a tutti gli ospiti delle strutture ricettive nei comuni che l’hanno adottata, inclusi alberghi, agriturismi, bed&breakfast e alloggi affittati tramite piattaforme come Airbnb.
Recentemente è stata proposta una legge che espanderebbe l’imposta di soggiorno a tutti i comuni del Paese. Questa proposta, attualmente in fase di bozza, potrebbe essere introdotta nel prossimo decreto governativo, forse già nel Consiglio dei Ministri previsto per mercoledì, prima della pausa estiva. Ma cosa significa davvero questa mossa per il settore turistico e le comunità locali? Ci sono già malumori e polemiche, soprattutto dal settore alberghiero, che ritiene questa mossa poco attraente per i turisti.

Attualmente, l’imposta di soggiorno è riservata ai capoluoghi, alle unioni di comuni e alle località turistiche. La nuova normativa mira a estendere questa possibilità a tutti i 7.904 comuni italiani. L’obiettivo è semplice ma ambizioso: consentire a ogni amministrazione locale di ottenere risorse aggiuntive dai flussi turistici, anche in aree finora escluse.

Per esempio, se si desidera soggiornare a Lugnano in Teverina, in provincia di Terni, con l’approvazione di questa legge, si pagherebbe una tassa di soggiorno.

Inoltre, si prevede una rimodulazione delle tariffe dell’imposta, basata sul costo del soggiorno:

  • Pernottamenti inferiori a 100 euro: la tassa potrebbe essere fino a 5 euro.
  • Tariffe tra 100 e 400 euro: l’imposta potrebbe salire fino a 10 euro.
  • Camere tra 400 e 750 euro: la tassa potrebbe arrivare a 15 euro.
  • Soggiorni in hotel di lusso superiori a 750 euro a notte: l’imposta potrebbe raggiungere i 25 euro.

Questo sistema intende creare un meccanismo di equità, dove chi può permettersi di più contribuisce di più. I fondi raccolti potrebbero essere utilizzati non solo per migliorare le infrastrutture turistiche, ma anche per gestire servizi locali come la raccolta dei rifiuti.

Le reazioni del settore alberghiero non si sono fatte attendere: Federalberghi ha espresso un forte disaccordo con l’aumento della tassa di soggiorno proposto.

L’associazione sottolinea che il recente incremento del 40% del tetto massimo, introdotto per il Giubileo, ha già rappresentato un duro colpo per le imprese. Un ulteriore aumento, secondo loro, graverebbe ingiustamente sui turisti e ridurrebbe la competitività delle destinazioni italiane, portando alla discussione sulla “city tax”.

Immaginiamo un turista che paga 10 euro di tassa per una camera da 100 euro in un hotel a tre stelle. Questo raddoppierebbe l’IVA, un impatto percepito che potrebbe spingere i visitatori a scegliere destinazioni estere meno costose.

Anche Confindustria Alberghi ha criticato la proposta, evidenziando che le strutture ricettive non dovrebbero essere viste come una facile fonte di entrate per i comuni.

La presidente Maria Carmela Colaiacovo ha dichiarato che, nonostante mesi di dialogo costruttivo con il governo, l’approvazione improvvisa di una simile norma sembra vanificare il lavoro svolto, specialmente per quanto riguarda l’uso dei proventi, originariamente destinati a sostenere le attività turistiche.

In risposta a questa complessa situazione, il Ministero del Turismo ha cercato di rassicurare i vari stakeholder. Le discussioni con le associazioni di categoria e le istituzioni sono ancora in corso, e il ministero ha precisato che il dialogo proseguirà a settembre.

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