Bonus animali 2025: ecco chi prenderà i soldi e chi resterà a bocca asciutta.
Chi possiede un animale domestico potrebbe ricevere un piccolo aiuto economico nel biennio 2025-2026. Si tratta del bonus animali domestici, una misura annunciata dal governo italiano per coprire parte delle spese veterinarie sostenute da persone con ISEE basso. La detrazione, disponibile solo per alcune categorie, nasce con l’intento di contenere il fenomeno del randagismo, incentivare la registrazione degli animali e alleggerire i costi legati alla cura degli “amici a quattro zampe”.
Eppure, già dalla prima lettura, la misura mostra limiti strutturali evidenti. L’accesso è riservato solo agli over 65 residenti in Italia, con un ISEE che non superi 16.215 euro. Oltre all’età e al reddito, è richiesto che l’animale sia registrato all’anagrafe e che le spese veterinarie siano tracciabili. Chi non può dimostrare queste spese tramite ricevute, scontrini o fatture elettroniche, resta escluso, anche se in possesso dei requisiti anagrafici ed economici.
Il bonus non è universale. Riguarda esclusivamente cani, gatti, furetti, criceti e piccoli roditori. Nessuna possibilità per chi possiede uccelli, rettili, conigli o animali esotici, nonostante molti di questi rientrino nel concetto moderno di animale d’affezione. Le spese ammesse alla detrazione coprono visite veterinarie, interventi chirurgici, farmaci e analisi, ma non l’alimentazione, che rappresenta una voce fissa e pesante nel bilancio familiare.
Chi può accedere davvero al bonus animali 2025
Le condizioni fissate dal governo per accedere al bonus animali non sono semplici. Per ottenere la detrazione bisogna soddisfare simultaneamente cinque criteri: età pari o superiore ai 65 anni, residenza in Italia, ISEE sotto i 16.215 euro, possesso di un animale registrato all’anagrafe e spese veterinarie documentate. Una stretta che di fatto esclude molti proprietari, anche economicamente fragili, ma sotto la soglia anagrafica prevista.

Il limite d’età è il punto più discusso. Esclude giovani precari, famiglie monoreddito o disoccupati che possiedono animali e affrontano le stesse spese. L’idea, secondo le dichiarazioni dei promotori, è quella di concentrare gli sforzi su una fascia considerata più vulnerabile, ma la realtà mostra un’esclusione che appare arbitraria. Anche la soglia ISEE scelta risulta particolarmente bassa: molti pensionati soli, pur non vivendo nel lusso, rischiano di superarla di poche centinaia di euro.
Un altro ostacolo è la tracciabilità delle spese. Chi paga in contanti o non richiede una ricevuta valida, si vede negato il diritto al bonus. E poi c’è l’obbligo di iscrizione dell’animale: senza microchip o registrazione, non si ha diritto a nulla. Una condizione che potrebbe penalizzare chi adotta animali salvati dalla strada o chi non ha mai avuto le risorse per regolarizzarli.
Cosa copre davvero il bonus e quali animali sono ammessi
Il bonus, nella sua formulazione attuale, copre solo alcune voci di spesa. La lista comprende visite veterinarie, analisi di laboratorio, interventi chirurgici, farmaci prescritti e controlli sanitari. Non rientrano nella detrazione le spese per alimenti, integratori, accessori o attività di toelettatura. Anche l’acquisto di antiparassitari da banco resta fuori, a meno che non sia accompagnato da una prescrizione.
Sui tipi di animali ammessi, la selezione è ristretta: solo cani, gatti, criceti, furetti e roditori di piccola taglia. Questo taglio netto solleva interrogativi. Perché escludere conigli, pappagalli, tartarughe o pesci? Non sono anch’essi animali d’affezione? La scelta sembra basarsi su una classificazione datata e poco rappresentativa della varietà di animali presenti oggi nelle case italiane.
C’è anche da dire che, nel caso di più animali, il bonus non si moltiplica. La detrazione rimane unica per nucleo familiare. L’importo massimo detraibile non è ancora stato ufficializzato, ma le prime ipotesi parlano di cifre modeste, comprese tra i 100 e i 200 euro annui.
Il provvedimento, pur con finalità condivisibili, mostra una struttura rigida. Non include piani di comunicazione per aumentare la consapevolezza tra i cittadini, né strumenti per supportare chi vuole regolarizzare il proprio animale. Al momento, la platea reale dei beneficiari resta limitata, e molte famiglie escluse si chiedono quale sia il reale impatto di una misura tanto selettiva.