La trappola del multitasking digitale: perché ci sentiamo più produttivi ma lo siamo meno

Usare più dispositivi insieme non ci rende più veloci. - www.ilserenissimoveneto.it

Luca Antonelli

8 Agosto 2025

Tra notifiche, app aperte e finestre multiple, il cervello lavora di più ma rende molto meno.

Controlli l’email mentre scrivi un messaggio su WhatsApp, rispondi a una notifica mentre partecipi a una riunione, scorri una notizia mentre il video su YouTube è ancora in sottofondo. Il multitasking digitale è diventato una prassi quotidiana. Spesso lo viviamo come segno di efficienza: fare più cose contemporaneamente dà l’impressione di essere più produttivi.

Ma numerose ricerche dimostrano il contrario. Passare da un’attività all’altra, anche se in apparenza semplice, comporta un costo cognitivo elevato. Il cervello non è progettato per gestire più compiti complessi nello stesso momento. Ogni volta che si cambia attività — anche solo da una mail a una chat — entra in gioco un meccanismo chiamato switching attentivo, che consuma risorse mentali e rallenta il processo decisionale.

Perché il cervello fatica a gestire il multitasking

Il mito del multitasking nasce dall’idea che il cervello possa fare più cose insieme con la stessa efficacia. In realtà, il cervello non elabora in parallelo, ma passa da un’attività all’altra molto velocemente. Questo passaggio, anche se dura millisecondi, comporta una perdita di concentrazione, con impatto diretto sulla qualità del lavoro, sulla memoria di breve termine e sul tempo necessario per completare i compiti.

l’impatto del multitasking digitale sulle performance quotidiane
Il Multitasking cambia il modo in cui ci concentriamo. – www.ilserenissimoveneto.it

Il fenomeno è noto come interferenza cognitiva: più gli stimoli sono numerosi, più il cervello impiega tempo a “resettare” e tornare concentrato sul compito iniziale. Il risultato? Si lavora di più per ottenere meno. Alcuni studi, tra cui quelli condotti da università come Stanford, hanno dimostrato che chi pratica multitasking digitale in modo abituale ha performance inferiori rispetto a chi si concentra su un’attività alla volta.

Un altro effetto collaterale è l’aumento dell’ansia mentale: il cervello entra in uno stato di allerta costante, come se dovesse sempre “gestire emergenze”, anche quando non ce ne sono. Il sistema nervoso resta attivo, non si riposa mai, e la sensazione finale è quella di stanchezza diffusa. Ci si sente affaticati anche senza aver svolto attività fisiche o impegnative.

Il falso senso di produttività e l’impatto sulla vita quotidiana

Il multitasking digitale illude: ogni notifica letta, ogni risposta data in fretta, ogni cambio di finestra sembra un gesto utile, una prova di efficienza. Ma alla fine della giornata ci si ritrova con compiti incompleti, concentrazione frammentata e una crescente difficoltà a restare sul pezzo.

In contesti lavorativi, questa abitudine può portare a errori evitabili, difficoltà nella gestione del tempo e una maggiore tendenza alla procrastinazione attiva — ovvero riempire la giornata di piccole azioni poco rilevanti per evitare quelle importanti. Anche nella sfera privata, il multitasking riduce la presenza mentale: si parla con qualcuno mentre si guarda lo schermo, si ascolta senza registrare, si legge senza ricordare.

Gli effetti, nel lungo periodo, vanno oltre la semplice efficienza. Alcuni ricercatori evidenziano un impatto sulla neuroplasticità: l’abitudine a cambiare stimolo continuamente riduce la capacità di mantenere l’attenzione su un solo compito per più di qualche minuto. Questo può condizionare anche la lettura, la scrittura, la conversazione, e persino la capacità di stare fermi e riflettere.

Molte aziende stanno introducendo policy di digital minimalism per aiutare i dipendenti a rallentare e recuperare la qualità del lavoro. Anche nella vita privata, adottare micro strategie come disattivare le notifiche, chiudere le app non necessarie, o creare momenti di disconnessione reale, può aiutare a recuperare lucidità, concentrazione e benessere mentale.

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